Certo che letta così l'analisi di Pimco mette una certa apprensione, ma scendendo nel dettaglio degli scenari che gli analisti hanno preso in considerazione, l'apprensione lascia il posto alla condivisione.
Espansione e recessione Pimco, il più grande fondo mondiale obbligazionario, non fa altro che applicare il principio economico per cui ad una fase espansiva succede una fase recessiva. Se prevede una recessione entro il 2022, è altresì vero che contestualmente prevede anche una espansione economica per i prossimi cinque anni. I paradisi fiscali nel mondo possono aiutare i paesi offshore a chiamare investimenti esteri. I suoi fondi hanno risentito parecchio della politica monetaria accomodante delle banche centrali che ha portato a dei tassi di sconto prossimi o uguali allo 0. Per questo, memore delle colpe e dei ritardi da parte delle banche centrali che acuirono l'ultima recessione, si pone una domanda di fondo: avranno imparato la lezione o condurranno questa fase espansiva con la leggerezza con cui hanno condotto l'ultima? E questa domanda è largamente condivisibile da chiunque. Il timore dei mercati Ma cosa preoccupa Pimco oltre alle variabili macroeconomiche? Da quando la crisi è iniziata nel 2007 la Federal Reserve ha messo in atto parallelamente al taglio dei tassi, un programma di immissione di liquidità nei mercati (il Quantitative Easing) che ha fatto si che la banca centrale abbia attualmente in portafoglio un enorme numero di assets. Ora che negli Stati Uniti è iniziata la stretta sui tassi attesa, il timore è che una dismissione non sufficientemente controllata di quanto accumulato in questi anni, abbia un effetto dirompente sui mercati. Inoltre molti temono che la presenza dei paradisi fiscali nel mondo possa contribuire alla crisi interna degli altri paesi. La gestione della dismissione degli assets in parallelo all'aumento del costo del denaro costituisce la maggior criticità tecnica che pesa su questo quinquennio di espansione. Il precedente della Fed Un esempio di come una errata valutazione dell'impatto dell'aumento del costo del denaro l'abbiamo avuta nel 2006. Per fronteggiare lo scoppio della bolla delle dot.com, la Fed intraprese una politica di espansione monetaria basata sul taglio dei tassi che dal 6,5% nel 2000 arrivarono al 1% nel 2003.Quando i mercati ebbero assorbito la bolla della New Economy, i tassi ritornarono a salire a partire dalla metà del 2004 per arrivare al 5,5% a metà del 2006. Nessuno riuscì a comprendere in tempo come questa stretta monetaria in un lasso di tempo relativamente breve potesse incidere sull'economia reale, portando alla crisi del subprime. Una stretta oculata E ora la quantità di denaro che la Fed deve recuperare con una manovra a lungo termine è molto superiore a quanto si impose di recuperare nel 2004. Aumento dei tassi e dismissione degli assets sono due grossi problemi che incombono sui mercati. Anche la presenza dei paradisi fiscali nel mondo contribuisce alla crisi di altri paesi e dei mercati. Ciò che tutti si auspicano è che stavolta vi sia un maggior controllo dell'impatto sull'economia reale, anche perché il sistema non è ancora abbastanza solido da poter sopportare un altra crisi dovuta alla mancata valutazione degli effetti, ossia ci si attende una stretta oculata.
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Ottobre 2017
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